lunedì 20 ottobre 2014

l'ordine dei miei gesti

Ho bevuto caffè freddo perché mi tremavano le mani, e non volevo te ne accorgessi.
Ho dormito come dormono i bambini, e mi sono svegliata al canto rosso, della luce rossa, che passava attraverso i fori di una serranda. Quinto piano a Barcellona.
   Se ci fossi stato tu avremmo dormito assieme.
Suonano sveglie che non sono mie. E non mi svegliano. Sono già sveglia. Sono sveglia e non riesco a fare nulla. Quando mi svegliavo presto scrivevo. Scrivo.
  Tutto pare essere tornato così lento.
Solo quando scocca la mezzanotte ritrovo un certo senso di pace. En ti. Sto pensando in te -a te-, quindi un saluto a me, che sto pensando in te; è come salutare me, in te, è come salutare te, e riprendere me.
  Ho strappato pagine per alleggerire il peso in volo. Ho alleggerito i ricordi per quando non ricorderò più, per quando mi stupirò tra le mie carte, per tutto il mio proprio vissuto, vissuto e immaginato.
  Ho fame di un caffè freddo. Ho fame di un caffè freddo e solo, in fronte a te. La Grazia di averti qua, con me.  Ci separano anni. Arriveremo lunghissimi all'eterno ritorno della nostra unità, monade, solo per poter affermare la nostra nostalgia di un noi non realizzato. E mi rimane un vuoto nello stomaco: caffè solo, freddo che terminerò una mattina presto, nel ricordo di te, con una stilografica che inchiostra nero, nelle carte che dividono i nostri giorni e scandiscono il mio niente. Senza te.
   Ci siamo tappati la bocca, per non baciarci e ho aperto gli occhi quando te ne sei andato, per non vederti più.
   Avrei potuto dormire un po' di più. La voglia del ricordo perfetto, che ho di te.
   L'assurdità è quando scrivendo vai a cancellare la lettera antecedente. Era perfetta.
Mi incatenerò a quella frazione, nazione di secondo, di cui sarò serva e imperatrice per l'eternità. Era perfetta.
  L'assurdità sarebbe dimenticarmi di te.
Dov'è finito chi conosceva così bene il mio corpo, l'ordine dei miei gesti. Il peccato mortale dei miei sbadigli annoierà anche la perfezione, ma triste la mia religione rimarrà in assenza di stelle, senza te. Dimentico.
Trasmodante vuoto, l'ordine dei miei gesti, in lui, non li ricorderà mai nessuno.

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